Editoriale del 3 giugno 2020

Mentre sembra terminata la fase più acuta della pandemia e alcuni Musei riaprono le porte ai visitatori, si cerca di tracciare un primo bilancio degli effetti della chiusura e si avanzano timide previsioni per il futuro.

Organizzazioni mondiali come ICOM o europee come NEMO hanno pubblicato i rapporti finali (riportati sul nostro sito) di indagini condotte più o meno nello stesso periodo attraverso la compilazione di questionari online da parte di responsabili e professionisti di Musei. I risultati hanno messo in evidenza i cambiamenti prodotti dal lockdown nell’organizzazione e svolgimento delle attività (la larghissima adozione dello smartworking, l’incremento dell’impiego del digitale, la ricerca di nuove modalità di comunicazione e interazione con pubblici più ampi e diversificati) e hanno cercato di descrivere la dimensione della crisi e le previsioni per il futuro (non proprio rosee, se il 12,8% dei Musei per ICOM pensa di non poter riaprire).

Per quanto riguarda le perdite economiche, esse risultano più rilevanti nei grandi musei meta del turismo internazionale (che copre fra il 75% e l’80% del budget) e nei musei privati che traggono le loro entrate quasi esclusivamente dalle vendite di biglietti e servizi. In Italia ISTAT ha stimato solo per i musei statali circa 78 milioni di euro.

La maggior parte dei Musei ha dichiarato di non aver licenziato i propri dipendenti, ma di essere costretto a ridurre le spese non rinnovando i contratti con i free lance e interrompendo le attività di volontariato. Tuttavia la stessa indagine ICOM / UNESCO ha difficoltà a ricostruire l’impatto della crisi su imprese individuali e liberi professionisti, per il numero ridotto di rispondenti (di questi comunque il 22% non ha avuto il rinnovo del proprio contratto durante il lockdown eil 56% teme sia a rischio il proprio impiego)

Entrambe le Organizzazioni (come del resto l’American Association of Museums) concludono le loro analisi riportando le gravi preoccupazioni degli operatori e richiamando l’assoluta necessità di consistenti interventi pubblici e privati per sostenere i Musei e proteggere professionisti e lavoratori autonomi con contratti precari.

Ma come possono intervenire i governi, alle prese con la crisi economica più grave dal dopoguerra? E come si è mosso in particolare il governo italiano?

In una fase di emergenza non si poteva che operare a tutela degli individui in maggiore difficoltà, dei lavoratori non tutelati da contratti a tempo indeterminato, ed è quanto ha cercato di fare con il “Cura Italia” attraverso l’estensione della cassa integrazione al nostro settore e la più generale misura a favore delle c.d. “partita IVA”.  Ma per quanto riguarda le imprese che operano nei Musei e attorno ai Musei, e che come sappiamo hanno un ruolo rilevante nel sistema complessivo dei servizi al pubblico e dell’offerta culturale, sembra non si sia fatto abbastanza.

Il DL Rilancio del 19 maggio interviene ora finalmente anche a favore dei Musei, cioè degli Istituti che dovrebbero rimettere in moto le attività e quindi il mercato, proprio e indotto, e l’occupazione. Ma a parte l’entità dei finanziamenti (certi per i musei statali, ma ancora non ben definiti per gli altri), che non consentirà comunque di coprire le richieste di tutti, quali saranno i destinatari: solo i musei privati, ecclesiastici, o anche i musei civici? E in quale direzione saranno orientati? Saranno destinati solo a coprire (in parte) le perdite subite e finanziarie le misure per la riapertura o saranno anche legate alla programmazione di particolari attività, rilevanti per le comunità territoriali e per lo sviluppo sostenibile?

Le norme sono molto scarne e rimandano praticamente tutto ai decreti attuativi.  Difficile quindi esprimere per ora una valutazione. ICOM Italia, tuttavia, nelle sue interlocuzioni con il Ministero ha raccomandato di non effettuare interventi a pioggia ma di sostenere le strategie dei musei che tendono ad allinearsi con i livelli di qualità previsti per accedere al Sistema Museale Nazionale e che siano comunque in grado (individualmente o in forma associata) di svolgere, grazie alla presenza di personale qualificato, un ruolo attivo nei rispettivi territori, contribuendo al benessere delle persone, alla diffusione della conoscenza, alla creatività, alla costruzione di valori condivisi, magari rimettendo in discussione le loro politiche o l’ordine di priorità degli obiettivi da raggiungere.