ICOM Italia e le altre associazioni museali esprimono al Ministro il loro dissenso sul DM 9 ottobre 2020, n.451, Riparto Fondo per il funzionamento dei piccoli musei

Al di là dell’incerta e contraddittoria definizione dei beneficiari del provvedimento e dei criteri di erogazione, suscita perplessità l’istituzione di una categoria “piccoli musei” (con relativo marchio, attribuito da un apposito Osservatorio) non prevista dalla legislazione, né dall’istituendo Sistema Museale Nazionale.

LETTERA AL MINISTRO A FIRMA DI ICOM ITALIA, ANMS, ANMLI, MEI E SIMBDEA

Il testo integrale della lettera:

Aspettavamo da mesi che venisse data attuazione all’istituzione del fondo per il funzionamento dei piccoli musei, prevista dalla Legge finanziaria n. 160/2019, in quanto è innegabile che il sostegno ai musei che si trovano in difficoltà perché privi di risorse finanziarie e professionalità adeguate, magari posti in località ignorate dai grandi flussi turistici, ma meritori di attenzione per le loro collezioni o per le attività culturali e i servizi che erogano alle comunità locali, sia cosa altamente opportuna.

Tuttavia, le disposizioni contenute nel recente DM 451 del 9 ottobre 2020, recante i criteri di riparto dei finanziamenti previsti all’art.1, comma 359 della legge di bilancio 27 dicembre 2019, n.160 (2 milioni di euro l’anno a partire dal 2020) lasciano più di una perplessità circa il percorso seguito per individuare la platea dei beneficiari. Da una parte, il concetto di “piccolo museo” non è presente nell’attuale normativa, che istituisce il Sistema museale Nazionale senza fare distinzioni di dimensioni o valore tra i circa 5000 musei censiti dall’ISTAT. Il criterio di classificazione rispetto alla scala dei musei (grandi, medi, minori, secondo la dicitura della L. 1080/1960) riporta a una stagione  addirittura antecedente alla nascita del Ministero per i beni culturali e se ne è verificata da tempo l’impossibile applicazione, non essendovi un criterio univoco per stabilire il metodo di assegnazione alle varie categorie. La stessa Associazione nazionale piccoli musei, nello statuto e nei suoi documenti, non fornisce una definizione precisa di cosa si intenda per piccolo museo: piccolo per dimensioni dell’edificio, per numero di oggetti conservati, per visitatori o per il numero di persone impiegate?

Quindi non è possibile non cogliere l’illogicità di un decreto che da una parte definisce il piccolo museo quasi con le stesse parole del D.lgs. 42/2004 art. 101 c. 2 (ma ampliando di molto il campo delle funzioni, fino alla tutela!), e che dall’altra utilizza quale unico discrimine una soglia arbitraria di 20.000,00 euro di entrate (escluse le spese di personale).

Altrettanto illogico è stabilire quote di pari importo per il riparto del fondo e, contemporaneamente,
richiedere la predisposizione di specifici progetti che coprono un’ampia gamma di possibilità.

Inoltre, il decreto in esame, quando passa all’indicazione dei requisiti per l’accesso al fondo (art.2), sorvola su quanto può garantire realmente l’attivazione delle funzioni richieste all’art. 1 e, a parte alcuni elementi minimi come il possesso del regolamento, l’apertura di almeno 24 ore settimanali, lo svolgimento in due anni di almeno 5 iniziative (non meglio precisate) rivolte alla comunità locale e la creazione di una pagina social (sic!), richiede al punto c) «modalità di gestione che offrono esperienze originali, esprimendo un forte legame con il territorio e la comunità locale….» caratteristiche che non possono essere valutate se non con un giudizio di merito.

Il vero nodo cruciale resta, a nostro avviso, la totale mancanza di collegamento con il processo di attivazione del Sistema Museale Nazionale, nel quale – correttamente – i requisiti di accreditamento prescindono dalla dimensione dei singoli musei per fissare livelli uniformi di qualità della valorizzazione.

Ricordiamo che, tra gli obiettivi dell’istituzione del SMN, è anche l’opportunità di crescita e di miglioramento per tutti i musei e luoghi della cultura, indipendentemente dalla proprietà, dimensione, regione di appartenenza. Infatti, lontano da impostazioni gerarchiche, il Sistema museale nazionale è fondato sul fare rete […].”

Riteniamo di conseguenza altrettanto incoerente con il processo di costruzione del SMN l’idea di istituire un marchio “piccoli musei” e di affidarne la regia a un Osservatorio, nel momento in cui è attiva una Commissione nazionale cui compete la verifica dei requisiti per l’accreditamento al SMN sulla base di un percorso condiviso da anni tra MiBACT, Conferenza unificata, ANCI e ICOM e da tutta la comunità dei professionisti museali.

Quanto alla composizione di tale Osservatorio, osserviamo che esso è composto da un’unica Associazione museale, che evidentemente ha ispirato il provvedimento. Ci saremmo aspettati che in esso fossero comprese anche altre associazioni museali rappresentative dell’universo dei musei e dei professionisti museali e consapevoli delle problematicità e delle missioni svolte dai musei del territorio. Colpisce poi particolarmente l’assenza di rappresentanti di Regioni e Enti Locali in un organismo chiamato a favorire “l’integrazione nello sviluppo culturale del territorio” dei cosiddetti piccoli musei, nonché la sinergia con gli enti locali e i soggetti operanti sul territorio di riferimento.

Auspichiamo un ripensamento su questo decreto, convinti che con un tale provvedimento non venga favorita una visione complessiva e lungimirante dello sviluppo dei musei italiani.

Adele Maresca Compagna (ICOM Italia), Annamaria Montaldo (ANMLI), Fausto Barbagli (ANMS), Alessandra Broccolini (SIMBDEA), Domenica Primerano (AMEI)

Roma, 16 ottobre 2020