In ricordo di Pinin Brambilla Barcilon

ICOM Italia si unisce al cordoglio del mondo della cultura per la scomparsa di Pinin Brambilla Barcilon, figura mitica del restauro italiano, che deve la sua fama mondiale al ventennale restauro dell’ Ultima cena di Leonardo, ma ha svolto un’attività intensa lungo tutto l’arco di una vita, intervenendo per la conservazione di opere fondamentali dell’arte italiana, da Giotto a Masolino, da Piero della Francesca a Mantegna, da Gentile Bellini al Bronzino, Tiziano, Caravaggio, Tiepolo…
A noi piace ricordarla anche come membro di ICOM, partecipe dagli anni Sessanta agli anni Ottanta dei più importanti incontri internazionali, in Europa e in America, grazie ai quali, come ella stessa ci ha raccontato, ha potuto confrontarsi fin dagli anni giovanili con conservatori, restauratori, tecnici di laboratorio di tutto il mondo.

Discorso pronunciato da Pinin Brambilla a Milano in occasione della consegna del “diploma di fedeltà” conferitole da ICOM Italia nell’ambito della Conferenza generale ICOM del luglio 2016

Il riconoscimento di ICOM mi è particolarmente gradito. Quando ho ricevuto l’invito a partecipare a questo incontro, il mio pensiero è corso a quegli anni lontani eppure vivissimi, verso la fine degli anni Sessanta, quando insieme a colleghi e amici da varie parti d’Europa e del mondo trovammo in ICOM il luogo del dialogo e del confronto professionale tra restauratori, storici dell’arte e diagnosti.

Erano anni in cui si affermava un’idea di conservazione basata sullo scambio tra diverse discipline e saperi e la nostra crescita come restauratori si rafforzava grazie a continui progressi nella tecnica, nei materiali e nella metodologia.

Il contatto con ICOM è stato per me esaltante, mi ha dato la possibilità di avvicinare grandi figure di studiosi e professionisti, di visitare i laboratori più importanti al mondo, come quello dell’IRPA di Bruxelles dove, tra l’altro, ebbi modo di conoscere aspetti importanti della documentazione del restauro delle sculture: ricordo di averne a lungo discusso con il prof. Rotondi, direttore dell’ICR, in una piazza, mangiando patatine…

Particolarmente stimolante fu pure l’incontro con Germain Bazin e le sue aperture sulla museologia, quello con la dottoressa Madeleine Hours e le novità giunte dalle sue radiografie sui dipinti di Leonardo del Louvre. Lei, persona dal carattere difficile, fu con me di una cordialità straordinaria e mi diede la possibilità di incontrarla spesso per scambiare le nostre opinioni.

Ricordo in America la Conferenza generale ICOM di Washington del 1965 e le manifestazioni in occasione del Bicentenario della nascita del fondatore dello Smithsonian Institute, oltre alla possibilità di visitare collezioni private ed esposizioni organizzate per l’occasione; l’incontro con la National Geographic Society; la conoscenza dell’uso del computer della V.S. Air Force, in uso a Cape Kennedy dal 1958 al 1961, e infine l’invito del gruppo italiano di Brera alla White House.

Oltre agli incontri con direttori e restauratori, grazie ad ICOM potei visitare i grandi musei e diversi laboratori di restauro in tanti Paesi: esperienze da cui ho tratto conoscenze, consigli e contatti umani che mi hanno arricchita non solo professionalmente.

Di tutte queste persone molti non sono più fra noi: tra questi desidero ricordare un amico e collega sempre prodigo di consigli, Paolo Cadorin, tra i primi a sondare la conservazione della pittura contemporanea, settore a cui il compianto Franco Russoli mi aveva molto spronata ad affacciarmi.

ICOM fu per me un luogo di elaborazione fertile e innovativo, ma fu anche la sede in cui nacquero e si alimentarono legami di stima e di amicizia di cui serbo il ricordo più caro.


Intervista rilasciata ad Adele Maresca in occasione dei 70 anni di ICOM Italia (Milano 2017)