Il questionario e i risultati

1 – Una scelta di fondo

Siamo partiti nella ferma e meditata convinzione che un aggiornamento della definizione non dovesse portare a rigettare quella attuale, ma dovesse limitarsi a integrarla e modificarla in alcune sue parti: non solo perché ne condividevamo struttura e gran parte dei contenuti, ma anche perché eravamo consapevoli dell’importanza della sua conservazione sostanziale, considerata la sua funzione interna a ICOM e le conseguenze che potrebbero derivare da un suo stravolgimento sulle normative internazionali e nazionali.

Pensando all’Italia, ad esempio, un cambio radicale della definizione, finalmente accolta dalla normativa statale nel 2014, rischierebbe di invalidare un risultato ottenuto non senza fatica.

 

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2 – La struttura della definizione

Per questa ragione abbiamo analizzato la definizione, esaminando ciascuna delle sue parti e individuando di ognuna gli aspetti meritevoli di essere mantenuti così come sono, le loro eventuali criticità e gli elementi suscettibili di essere migliorati, ma la cui modificazione non pare essenziale.

Ricordiamo l’attuale definizione che può essere suddivisa in quattro parti che affrontano:

  1. l’identità dell’istituzione museo: “Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico”;
  2. l’oggetto delle sue funzioni e attività: “il patrimonio materiale e immateriale dell’umanità e del suo ambiente”.
  3. le funzioni che assolve: “compie ricerche [sul patrimonio materiale e immateriale dell’umanità e del suo ambiente], le raccoglie, le conserva, le comunica e le espone”;
  4. le finalità che persegue: e cioè i suoi fini di “studio, educazione e diletto”.

 

Manterresti, come al nostro Comitato è parso opportuno fare, la struttura attuale?

Se no, o solo in parte, desideri spiegare perché?

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3 – Articolazione della definizione

Passiamo ora ad esaminare la definizione di museo, parte dopo parte, individuando in ciascuna di esse:

  1. cosa mantenere,
  2. cosa assolutamente cambiare,
  3. cosa potrebbe valere la pena di migliorare, ma che – anche così – può andare bene.

In base alla maggioranza di pareri raccolti, in questo come nei seguenti casi, il o i termini confermati e quelli proposti come integrazione o sostituzione degli attuali, saranno inclusi nella lista delle parole chiave che il nostro Comitato porterà all’attenzione dello Standing Committee e dell’Executive Council.

3.1 – L’identità del museo

Nel corso del tempo nella definizione di museo dell’ICOM l’identità del museo è andata precisandosi, da «collezione aperta al pubblico» (1946), è diventata «istituto» (1951) e poi «istituzione» (1961). Dal 1974 le specificità (più dell’istituto che dell’istituzione museo) sono state individuate nella sua permanenza, nell’assenza di fini di lucro, nella sua apertura al pubblico, nel suo porsi “al servizio della società e del suo sviluppo”.

3.1.1 – Il museo come istituzione e come istituto

Il museo è e resta un’istituzione. Come lo stato, la giustizia, la scuola, la famiglia… Ma i musei, nella loro molteplice varietà, sono anche degli istituti, costituiti da quattro elementi: una collezione, un luogo (o un contesto), un’équipe specializzata (Rivière 1989) e un pubblico, connessi tra loro da un sistema di regole che ne disciplinano l’esistenza, il funzionamento e le relazioni, interne e con il contesto di cui sono prodotto ed espressione.

A tuo parere il termine “istituto” deve entrare a far parte della definizione affiancandolo a quello di istituzione che non copre lo stesso ambito semantico?

Se no, vuoi dire perché lo ritieni superfluo?

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3.1.2 – Permanenza e assenza di fini di lucro

Nel dibattito al nostro interno non sono emerse osservazioni circa altri elementi di qualificazione del museo:

  • la sua permanenza, perché essenziale ad assicurare innanzitutto la continuità della sua azione e soprattutto la permanenza della collezione (Pomian 2007), che è a sua volta determinata dalla presunzione di inalienabilità delle collezioni museali;
  • l’assenza di fini di lucro, che esclude il museo dalla ricerca di un profitto (per lo più irraggiungibile) a detrimento o peggio in conflitto con le sue finalità di “studio, educazione e diletto”.

 

Sei favorevole a mantenere il termine “permanente” nella definizione?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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Sei favorevole a mantenere l’espressione “senza fini di lucro” nella definizione?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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3.1.3 – Aperto al pubblico

Questo è un aspetto dell’identità del museo – derivante dalla prima formulazione della definizione di museo come “collezione aperta al pubblico” – che il nostro Comitato ha ritenuto possa essere superata, sostituendola con “accessibile a tutti” che trae ispirazione dalla Raccomandazione dell’UNESCO del 1960 (UNESCO 1960).

È una scelta non priva di conseguenze perché la sostituzione di “aperto al pubblico” con “accessibile” – che la include pienamente – comporta una serie di obbligazioni aggiuntive. Il museo oltre ad essere aperto, deve essere accessibile fisicamente, come luogo o spazio privo di barriere architettoniche, ma deve esserlo anche culturalmente ed economicamente, eliminando o riducendo altri tipi di ostacoli, immateriali, ma non per questo meno rilevanti.

Inoltre, impone ai musei di rendere accessibili tutte le sue collezioni, siano esse esposte o conservate nei depositi, e di ricercare forme di presentazione e comunicazione dei suoi oggetti adeguate alla più vasta ed eterogenea comunità dei suoi visitatori e utenti. Accessibili, inoltre, dovrebbero essere anche le sue conoscenze, quelle conservate negli archivi e nella documentazione raccolta e/o prodotta, fatte salve le eventuali limitazioni di sicurezza e/o riservatezza, e quelle raccolte e prodotte dal museo attraverso la ricerca.

Impone infine che siano rimossi o mitigati anche gli ostacoli di natura economica, rappresentati in primo luogo dal costo dei biglietti d’ingresso, enormemente cresciuti negli ultimi decenni in modo direttamente proporzionale alla riduzione dei finanziamenti pubblici destinati al loro sostegno.

 

Sei favorevole a sostituire l’espressione “aperto al pubblico” con “accessibile a tutti” e di includerla tra le parole chiave da sottoporre allo Standing Committee?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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3.1.4 – Un istituto al servizio della società e del suo sviluppo

L’espressione “al servizio della società” ha una duplice, importante valenza in quanto assimila il museo a un pubblico servizio e al tempo stesso ricorda che i musei non operano solo in favore dei loro visitatori, ma della società nel suo complesso.

Molto problematico è diventato invece il termine “sviluppo” che a parere del nostro Comitato andrebbe assolutamente sostituito con “sviluppo sostenibile”, perché tale è l’orizzonte e la prospettiva che abbiamo di fronte. E anche perché sollecita in modo certamente più evidente e più stringente di quanto non fosse nel 1971, quando questa formula fu inserita nella definizione, i musei ad aggiornare la loro missione alla luce dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals) adottati nell’agenda delle Nazioni Unite.

 

Sei favorevole a sostituire l’espressione “al servizio della società e del suo sviluppo” con “al servizio della società e del suo sviluppo sostenibile”?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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3.1.5 – Il museo opera in un sistema di relazioni

Questo elemento non è presente nella definizione attuale ma ne proponiamo l’inserimento. Infatti, il museo contemporaneo per individuare la propria missione e operare in modo efficace deve relazionarsi costantemente, oltre che con i propri pubblici, con altri soggetti, a livello locale, nazionale e internazionale: con le comunità patrimoniali, con le amministrazioni locali, con altre istituzioni culturali e realtà associative, con imprese. Inoltre, appare sempre più evidente l’esigenza di costituire reti e sistemi per integrare risorse, strutture e competenze professionali al fine di innalzare la qualità dell’offerta culturale e superare situazioni di criticità.

 

Ritieni che questo aspetto debba essere compreso nella definizione?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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4 – L’oggetto del museo

L’attuale definizione di museo dell’ICOM che individua come suo “oggetto” il “patrimonio, materiale e immateriale, dell’umanità e del suo ambiente” può essere mantenuta – a parere del nostro Comitato – ma anche migliorata semplificandola, eliminando cioè la distinzione fra patrimonio materiale e immateriale, introdotta nel 2004, e anche la locuzione “dell’umanità e del suo ambiente”, a favore della più semplice e onnicomprensiva formula di “patrimonio culturale”, accogliendo la definizione di patrimonio culturale che dà la Convenzione di Faro del 2005, e che è stata ripresa pressoché integralmente dalla Raccomandazione dell’UNESCO del 2015 (UNESCO 2015).

Si tratta, a parere del nostro Comitato, di una modificazione opportuna, ma non essenziale, considerate le diverse definizioni di patrimonio culturale a livello internazionale e nazionale, e su cui aprire dunque una discussione molto aperta, tenendo conto che se in Italia dal 2004 è pacifico che del patrimonio culturale fanno parte sia i beni culturali sia i beni paesaggistici, a livello internazionale permane invece la distinzione fra patrimonio culturale e patrimonio naturale e che comunque la nozione di patrimonio è per lo più circoscritta ai beni materiali a scapito di quelli immateriali che, nuovamente, a livello internazionale, restano separati dai primi.

 

Sei favorevole a sostituire l’espressione “patrimonio, materiale e immateriale, dell’umanità e del suo ambiente” con la più sintetica e onnicomprensiva formula di “patrimonio culturale”?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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5 – Le funzioni museali

Il museo “acquires, conserves, researches, communicates and exhibits” nella versione inglese, “acquiert, conserve, étudie, transmet et expose” in quella francese e “adquiere, conserva, investiga, transmite y expone” in quella spagnola.

Su questi termini, che definiscono le funzioni principali, esiste un’ampia condivisione.

Un elemento di riflessione potrebbe riguardare il termine “acquisire” che è di norma inteso come acquisizione in proprietà o in possesso (attraverso deposito, comodato, prestito, affidamento giudiziario, etc.). Questa è la forma tradizionale di patrimonializzazione museale, che si attua estraendo gli oggetti destinati a far parte (in modo temporaneo o permanente) delle sue collezioni e ricollocandoli nel contesto materiale del museo come luogo e istituto. Tuttavia, vi sono anche musei che assumono la responsabilità della valorizzazione di beni appartenenti ad altri soggetti, pubblici o privati, senza per questo acquisirli “in proprietà”, come gli ecomusei (de Varine 2020), o i musei che raccolgono, producono e comunicano solo la conoscenza di beni, del tutto indipendentemente dalla loro proprietà, come i centri di documentazione. Si potrebbe quindi pensare in futuro a una revisione del termine valutando la possibilità di sostituirlo con un’altra locuzione che ponga piuttosto in rilievo il concetto di responsabilità del museo estesa, oltre le collezioni, al suo contesto, al patrimonio culturale a cielo aperto, ai paesaggi culturali.

 

Ritieni opportuno confermare nella definizione il termine “acquisisce”?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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6 – Le finalità

Fin dal 1962 ICOM comprende nella sua definizione le finalità “study, education and enjoyment” (“études, éducation et délectation” in francese, “educaciòn, estudio y recreo in spagnolo”).

6.1 – Lo studio

Questo termine è molto chiaro e non ne è stata finora messa in discussione la validità. I musei, luoghi della memoria storica e della creazione contemporanea, possono costituire un terreno fertile di conoscenza, di analisi e approfondimento in molteplici campi del sapere sia attraverso l’esperienza diretta (la studio diretto degli oggetti, anche nei depositi; le informazioni desumibili dagli allestimenti e dai diversi supporti a disposizione), sia grazie all’accesso alla documentazione d’archivio (riguardante i singoli beni e la storia delle collezioni, nonché relativa ai restauri e a eventuali ricerche effettuate) o la consultazione dei professionisti museali.

 

Ritieni opportuno confermare nella definizione il termine “studio”?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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6.2 – Educazione

Riteniamo importante in questo caso giungere a una esplicitazione lessicale, esito di stratificazioni semantiche, che restituisca la complessità del termine e tenga conto del dibattito e delle prassi attuali.
Risulta funzionale ricorrere all’originale “e-ducere”: facilitare, promuovere, provocare conoscenze, abilità, comportamenti, che implicano non solo la sfera cognitiva, ma anche quella esperienziale ed emozionale.
Educazione, una delle finalità del museo: attore sociale nella contemporaneità, partecipativo e relazionale, che coinvolge i pubblici (in primis “i pubblici di prossimità, comunità patrimoniali”, Convenzione di Faro, 2005), tutte le persone, diverse per appartenenza (genere, status, religione, cultura, provenienza) nei processi di co-costruzione e di attualizzazione dei significati, nella produzione culturale, accogliendo molteplici punti di vista, interpretazioni e nuove narrazioni.

Educazione, ben lontana dunque dall’essere azione costrittiva, con una trasmissione unidirezionale delle conoscenze esperte del patrimonio museale; ogni “oggetto” che il museo “conserva, studia, espone” (con i saperi disciplinari e specialistici che lo caratterizzano) è risorsa non solo nei processi di apprendimento-insegnamento, che vedono al centro i cittadini in formazione, ma nel promuovere la cittadinanza culturale plurale, la tutela attiva, la progettualità, nella logica dell’educazione permanente e ricorrente, assumendo inoltre rilevanza nel contrastare la deriva consumistica.

Un aspetto centrale e fortemente attuale è il rapporto tra educazione al reale e cultura digitale: le potenzialità delle tecnologie pongono l’urgenza di una riflessione costante nei confronti di pratiche e strumenti in continuo divenire, oggi ampiamente praticati e pervasivi. Il museo “educativo” si interroga riguardo a quanto e come tecniche e linguaggi siano sussidi per il coinvolgimento e il potenziamento della relazione con i pubblici, il loro apporto nell’elaborazione di contenuti; se invece siano complici di processi di trasformazione, che ne alterano le evidenze reali e fattuali; come il museo possa promuovere le “competenze per la vita” (UNICEF-UNESCO).

 

Ritieni opportuno confermare nella definizione il termine “educazione”?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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6.3 – Diletto

“Diletto” risulta inattuale nel vocabolario contemporaneo italiano; il termine utilizzato per la definizione di tale finalità in inglese è enjoyment.

Il piacere ludico, disinteressato e alimentato dalla meraviglia e dalla risonanza si può considerare quale “grado zero” nell’attivazione dell’esperienza conoscitiva e relazionale; si trasforma in benessere, nell’accezione più trasversale: wellbeing, bene-essere sociale, cognitivo, psicologico ed emotivo, a tutto tondo, dell’individuo e della collettività, soprattutto per le categorie marginalizzate e non protette.

Benessere è un concetto “multidimensionale”; il creare benessere autentico deve comprendere quello materiale (beni, servizi), “spirituale” (bisogno di armonia, equità), relazionale (autostima, la gioia dello scambio) e all’interno di ogni dimensione sta il “piacere”; il benessere contribuisce alla “fioritura” di ogni persona.

Un corpo sempre più solido di evidenze scientifiche, sostenuto da prassi, comprova la relazione tra cultura e benessere, riconoscendo il ruolo della cultura quale fattore fondamentale per la promozione del benessere di ognuno, mettendo in atto strategie volte a favorire la partecipazione culturale attiva; ancor di più in situazioni, come quella attuale, caratterizzate da complessità, straniamento e disagio.

 

Pensi si possa sostituire la parola “diletto” con “piacere e benessere”?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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7 – Ulteriori parole o concetti chiave

Se vuoi proporre parole o concetti chiave da inserire nella definizione che non abbiamo fin qui menzionato, compila i campi qui sotto; puoi indicarne fino a 3 con una breve motivazione.

 

Le risposte

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Le percentuali


8 – La definizione proposta a Kyoto: verso un manifesto del Museo contemporaneo

Com’è noto, la delegazione italiana alla Conferenza generale di Kyoto si è opposta alla messa ai voti della definizione proposta dal Comitato MDPP condividendo con la maggioranza dei votanti un giudizio negativo per:

  1. il metodo con cui si è arrivati alla presentazione della proposta, giudicato poco democratico e irrispettoso del dibattito sviluppatosi in tutto il mondo nell’anno precedente;
  2. la forma della definizione, considerata – in quanto tale – disorganica, confusa, lacunosa, inadeguata;
  3. e, infine, solo in parte, per il merito, là dove la “nuova” definizione pareva fare passi indietro rispetto all’attuale.

Questo non significa affatto che le affermazioni contenute nella proposta (vedi sopra, nella premessa) siano da rigettare, ma che nel loro insieme propongono più che una definizione, una visione del museo nel XXI secolo. O, meglio, un utile materiale per elaborarla.

Per questa ragione, come Comitato italiano, in sintonia con il presidente di ICOM Europe e di altri comitati, abbiamo proposto che, insieme a un aggiornamento della definizione, si adotti un Manifesto (o Dichiarazione) in cui raccogliere tutte le innovazioni – di ruolo e di missione – che si stanno affermando in campo museale per proporle come obiettivo e prospettiva da perseguire nell’immediato e in linea di tendenza.

 

Sei favorevole alla proposta che ICOM adotti un Manifesto di visione sul futuro dei musei nel XXI secolo?

Se non sei favorevole o sei indeciso, vuoi spiegare perché?

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Vai a Parte 3 – Commenti e proposte di nuove parole chiave

Le altre parti:

Premessa

Parte 1 – Il processo in corso e la consultazione dei Comitati Nazionali

Parte 4 – Le parole chiave proposte dal Comitato Italiano